domenica 30 ottobre 2016

A.S.D. e il lavoro sportivo dilettantistico: un contenzioso infinito con sentenze contrastanti.



La Corte di Appello di Roma, sentenza n. 2118 del 11.05.2016, ha deciso una questione che riguardava un Accertamento Inps nei confronti di un’associazione sportiva titolare di un centro di fitness.

Con l’accertamento l’INPS recuperava i contributi dovuti alla gestione ex Enpals per sette istruttori, ai quali fino a quel momento erano stati riconosciuti i compensi sportivi di cui all’articolo 67, comma 1, lettera m), del Tuir e in quanto tali non soggetti a contribuzione previdenziale.

Intervenendo sulla questione e facendo riferimento al decreto ministeriale 15.03.2005 che ha adeguato le categorie dei lavoratori assicurati obbligatoriamente presso l’Enpals e, più in particolare, al punto 20, gli “impiegati, operai, istruttori e addetti agli impianti e ai circoli sportivi di qualsiasi genere, palestre …..”, il giudicante di appello ha statuito:

“dal semplice tenore letterale della espressione normativa di cui al n. 20 emerge l’obbligo contributivo a carico dell’appellante (a carico dell’associazione n.d.r.) nei riguardi degli istruttori di attività sportive a prescindere dalla natura giuridica (subordinata, parasubordinata o autonoma) del rapporto di lavoro ed essendosi peraltro la stessa appellante qualificata associazione sportiva”.

La Corte non ritiene comunque applicabile la disciplina fiscale (e la conseguente non debenza previdenziale) dei compensi sportivi in quanto sussisterebbe a carico dei lavoratori sia il requisito della professionalità che della: “abitualità anche se non esclusività della loro prestazione”.

Come annunciato nel titolo di questo articolo, il contrasto giurisprudenziale alimenta ancor di più la confusione.

La sezione lavoro della Corte d’Appello di Bologna con la sentenza n. 250 del 07.06.2016, perviene ad una conclusione diametralmente opposta.

La sentenza stabilisce che “il legislatore ha così chiarito che anche i compensi per le attività di formazione, istruzione, ed assistenza ad attività sportiva beneficiano dell’esenzione fiscale contributiva dovendosi intendere per attività sportiva dilettantistica il mero far fare sport senza che sussista un evento ulteriore a cui finalizzare tale attività” e così conclude riformando la sentenza di primo grado che aveva invece accolto la tesi dell’istituto previdenziale: “non sono condivisibili le conclusioni a cui è pervenuto il giudice di primo grado nel delineare un nesso tra la natura del rapporto di lavoro e la qualifica di esercente attività sportiva dilettantistica che ben può caratterizzare qualsiasi rapporto di lavoro rendendo pertanto fruibili i relativi sgravi fiscali e contributivi a prescindere dalla natura autonoma o subordinata dello stesso”.

Il foro bolognese mantiene il suo atteggiamento di favore anche con la decisione della sezione lavoro del Tribunale (sentenza n. 558 del 23.09.2016), sempre sui medesimi presupposti di fatto: “… tutte le collaborazioni svolte nell’ambito sportivo dilettantistico seguono il regime agevolato a prescindere dall’abitualità e dalla continuità della prestazione … con la conseguenza che non essendo il compenso imponibile non potranno su di esso calcolarsi neppure oneri previdenziali …”.


Sarebbe auspicabile un immediato ed urgente provvedimento di interpretazione autentica della norma tale da evitare simile confusione che, non me ne voglia male il Ministero competente, sembra essere fatto apposta per fare “cassa” a scapito di tante associazioni sportive non professionistiche che si caricano di responsabilità oltre ogni comprensibile decenza istituzionale.

Scritto da:
Dott. Victor Di Maria

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