Utilizzare le A.S.D. per
fare “cassa” è diventato un modus operandi dell’amministrazione finanziaria.
I verificatori sembrano
avere imboccato la (comoda) strada della contestazione di alcune violazioni al
fine di pervenire al risultato di far venire meno le condizioni per poter
godere delle agevolazioni fiscali per le A.S.D. e Società Sportive
Dilettantistiche.
Abbiamo sempre sostenuto
l’assunto che le contestazioni basate sulla constatazione di violazioni solo di
natura “formale” fossero destituite di legittimità e quindi assolutamente
opponibili.
Bene.
La Commissione Tributaria
di Potenza perviene ad una conclusione che rafforza le nostre considerazioni.
L’Agenzia delle Entrate
di Matera aveva contestato e disconosciuto la natura non commerciale ad una associazione sportiva dilettantistica, con conseguente diniego delle agevolazioni
fiscali in materia e recupero di reddito secondo le ordinarie regole di
tassazione ed assoggettamento ad IVA del relativo volume d’affari.
Il successivo ricorso
veniva accolto dalla C.T. Prov. per difetto di motivazione, poiché gli atti
avevano ripreso acriticamente le conclusioni del PVC senza esaminare correttamente
i requisiti posseduti dall’ente riguardanti le associazioni sportive
dilettantistiche.
L’Agenzia delle Entrate
proponeva ricorso avverso la decisione della sentenza di primo grado. La
Commissione Tributaria Regionale definitivamente si pronunciava osservando che
la sentenza di primo grado ha giustamente sostenuto la natura associativa
sportiva/dilettantistica dell’ente, richiamando la pronuncia della Cassazione
n. 4872/2015 riguardo alla valutazione dell’effettiva attività svolta rispetto
alle previsioni statutarie.
La Commissione Tributaria
Regionale ha affermato: “l’organizzazione dell’ente, rispecchiata nelle norme
statutarie (…), e la concreta gestione amministrativa (…), devono consentire in
via solo potenziale il coinvolgimento e la libera partecipazione degli
affiliati, ma non possono certo coartarne la necessaria presenza fisica; (…) lo
scarso interesse e l’esigua partecipazione (…) non può essere pregiudizievole a
tal punto da ritenerne mutata la natura”.
In buona sostanza: l’Ente
dovrà fare di tutto affinché l’associato sia informato dell’attività sociale
svolta dall’A.S.D. ma non può, ovviamente, obbligare gli stessi associati a
partecipare, per esempio, alle assemblee.
Questa tesi è stata
sostenuta dal sottoscritto in diverse attività difensive alcune delle quali in
attesa di pronunciamento.
Questa sentenza fa ulteriormente
chiarezza in una materia in cui il legislatore sembra non voglia fare chiarezza
attraverso l’emanazione di norme di “interpretazione” al fine di evitare alle
tante associazioni sportive dilettantistiche di subire il gravoso onere di una
difesa in sede giudiziaria.
Dott. Victor Di Maria
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